Sabato sera in pizzeria: io e mio marito soli dopo tanto tempo.
Di fianco a noi e di fronte a me due “tavolate” di gente. Da una parte un gruppo di genitori, dall’altra i loro figli, un bell’insieme eterogeneo di bambini e ragazzi che va da un minimo di sette anni ad un massimo di 14, più o meno.
“Chissà che casino faranno!” penso tra me e me.
Invece silenzio assoluto. Mi sembra strano e la cosa richiama la mia attenzione.
Al tavolo dei genitori chiacchiere e risate, tutto normale.
Al tavolo dei ragazzi non vola una mosca, li osservo. Se c’è un segreto devo saperlo!
A capotavola un adolescente con cuffie alle orecchie e occhi puntati sullo schermo del telefono: assente.
Tre ragazzine di circa dodici anni gli sono di fianco. Ognuna guarda il suo cellulare e digita freneticamente sui tasti. Una di loro prende la lattina di Coca Cola e se la porta alla bocca senza nemmeno alzare lo sguardo, come un automa. Le altre due sorridono in direzione del telefono, ognuna del suo. Sorridono al telefono.
A seguire un gruppetto di bambini in età da scuola primaria che giocano a loro volta con i cellulari.
Arriva la pizza, a noi e a loro quasi in contemporanea.
E’ buonissima e io la divoro con gusto.
Alzo di nuovo lo sguardo. Sul tavolo dei ragazzi dieci pizze intere, forse non le hanno nemmeno viste.
Il proprietario del locale, che sta sparecchiando i tavoli, è in evidente imbarazzo.
Si avvicina, non dice nulla, si allontana. Lascia loro ancora del tempo. Spera.
Nessuno sembra notarlo. I genitori chiacchierano. Le pizze si raffreddano.
Improvvisamente I ragazzi si mettono le giacche ed escono. Sono in gruppo ma non si parlano e continuano ad interagire solo ed esclusivamente con la tecnologia.
Il proprietario ritorna e chiede ai genitori quale sarà il destino delle dieci pizze. Loro ridono e dicono di portarle pure via. Lui, gentilmente, prova ad insistere e propone un take away. Loro rifiutano.
Una mamma telefona per chiamare i ragazzi tre metri più in là ed informarli che è l’ora di andare. Li ritrovo all’uscita con i loro telefoni e vorrei raccontargli di quella volta che in pizzeria io, mio fratello e mia cugina abbiamo fatto cadere, giocando, un mobile con sopra le damigiane di vino in vetro. Un disastro, ce lo raccontiamo ancora adesso che sono passati trent’anni e, vergognosamente, ci ridiamo su. Non lo faccio.
Magari manderò loro un sms domani.
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