Due settimane fa sono stata a Milano, in un Teatro dal Verme gremito di giornalisti, appassionati cinefili e anche semplici curiosi, ad ascoltare il regista premio Oscar Francis Ford Coppola parlare delle sue radici italiane.

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Un’esperienza di quelle che puoi difficilmente dimenticare, di quelle che ti piantano dei semi dentro che iniziano a crescere piano piano. A distanza di giorni mi capita ancora di pensare a stralci del suo discorso e di riflettere sulle cose dette quella sera.

Coppola è un personaggio incredibile, un fiume inarrestabile di energia e passione. A vederlo arrivare, accolto da una standing ovation ed un certo timore reverenziale che la sua figura e la sua popolarità incutono, non ti aspetteresti che questo ‘signore’, che appare così compito e disciplinato racchiuda in sè una tale carica esplosiva.

Ma non appena si siede e comincia a parlare (e non appena sotto i pantaloni del vestito che indossa spuntano due calzini di colore diverso), capisci che hai a che fare con un personaggio davvero fuori dall’ordinario.

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Ed è proprio così: Coppola parla per due ore praticamente ininterrotte (mettendo anche all’angolo la povera giornalista incaricata di gestire la serata!), rubando la scena  con i suoi racconti e i suoi aneddotti e il suo grande carisma.

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Ripercorre la storia della sua famiglia, originaria di un paesino della Lucania, in Basilicata (‘Bernalda bella’ come era solito chiamarlo suo padre), riuscendo a trasmetterci emozioni, passione, cultura, rispetto per il proprio territorio e per le proprie radici. Ci ha fatto uscire dal teatro orgogliosi di essere italiani, di essere figli di questo popolo creativo e geniale, di questa terra ricca e piena di tesori molto spesso bistrattati. Ci ha fatto venir voglia di darci da fare, di costruire il nostro futuro, smettendo di lamentarci se le cose non vanno esattamente come vorremmo.

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Mi ha colpito davvero la storia della sua famiglia, talmente incredibile da non sembrare reale (l’antenato brigante, il nonno amante della musica che obbliga il figlio a studiare il clarinetto segnando così il destino delle generazioni Coppola a venire, la bisnonna Filomena ‘senza naso’ e l’inventore geniale Francesco ‘Ciccio’ Panio da cui il nonno era apprendista), mi ha colpito la sua cultura profonda e la conoscenza della storia italiana e mondiale, mi ha colpito il suo amore per la vita e la passione per il mondo e una voglia, a 76 anni, di continuare a conoscere ed imparare.

Mi hanno colpito le sue calze! Una rossa e una gialla. Due colori accesi e vivaci che spuntavano sotto i pantaloni di un completo serio ed elegante, rubando la nostra attenzione.  Ad un certo punto infatti, durante le domande da parte del pubblico (come era piuttosto prevedibile!), gli è stato chiesto proprio il perchè di questa sua scelta ‘stilistica’. La sua risposta è stata che è una lunga storia da raccontare, che è una storia che ha a che fare con i suoi figli, ma soprattutto, ha detto: “WHY NOT?”.

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A questo risposta tutti in teatro abbiamo riso e non abbiamo potuto far altro che soccombere davanti alle sue doti di raccontastorie e affabulatore nato. 🙂

‘E’ proprio così’, ho pensato…PERCHE’ NO?

Perchè dovremmo avere paura di indossare calzini di colore diverso? Perchè dovremmo avere paura di ‘essere’ diversi, di fare scelte differenti, perchè dovremmo preoccuparci di cosa potrà pensare la gente? E’ proprio così, le calze di Coppola mi hanno ispirato, mi hanno fatto pensare che non dobbiamo avere paura di osare, di essere differenti.

Anzi, nelle nostra diversità è racchiusa la nostra forza e il nostro grande potenziale. I suoi calzini spaiati mi hanno fatto pensare che non c’è nulla di male ad essere ‘strani’.

Perchè nella nostra vita dobbiamo cercare sempre di essere e apparire normali? Per venire accettati? Perchè non accettare noi le nostre stranezze per primi e gridarle al mondo?

Non aver paura di mostrarle agli altri perchè sono ciò che ci rendono unici e speciali.

E al primo che ci chiederà il perchè della nostra ‘stranezza’, noi risponderemo semplicemente…WHY NOT?

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